PROGETTI

Biodiversità e Uva: i protocolli dell’Istituto Nicola Pellati di Nizza Monferrato

La sezione risorse del nostro sito si arricchisce con nuovi protocolli sperimentali sviluppati dal team di docenti di scienze dell’Istituto di Istruzione Superiore Nicola Pellati di Nizza Monferrato (AT), in collaborazione con il CREA-ENO (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di Ricerca per l’Enologia), un istituto di ricerca del territorio piemontese che ha supportato gli insegnanti nello sviluppo di esperienze didattiche adatte al contesto di un laboratorio scolastico per fattibilità, sicurezza e tempistiche. 

Il Progetto “Biodiversità e Uva”, vincitore del primo premio del concorso Mad for Science edizione 2017, utilizza come modello sperimentale i lieviti viticolo enologici, cresciuti naturalmente sui grappoli d’uva di vigneti a coltivazione biologica e tradizionale, con il fine ultimo di valutarne la biodiversità sia dal punto di vista microbiologico sia da quello molecolare. 

Dopo la pubblicazione dei protocolli riguardanti la prima parte del progetto, dedicata alla microbiologia e alla microscopia, le nuove esperienze sperimentali, ora accessibili nell’area risorse, riguardano la seconda parte del progetto e utilizzano tecniche innovative di biologia molecolare e biotecnologie, come l’analisi RFLP (Restriction Fragment Lenght Polymorphism). Si tratta di una metodica che permette di ottenere dei profili molecolari unici di una specie, studiando variazioni nella sequenza del DNA in punti specifici (polimorfismi) grazie all’azione degli enzimi di restrizione. Una tecnica di biologia molecolare molto utilizzata nei laboratori di ricerca per studiare la biodiversità, l’ereditarietà di alcune malattie genetiche, ma anche per identificare campioni recuperati da scene del crimine o nei test di paternità.

Dopo aver raccolto campioni di uve dai vigneti e aver isolato i lieviti presenti sugli acini degli grappoli d’uva, si procede con l’estrazione del loro DNA genomico. In un secondo momento, il DNA è impiegato in una reazione di PCR con l’obiettivo di amplificare due porzioni di DNA che codificano per l’RNA ribosomiale dei lieviti: stiamo parlando delle regioni ITS1 e ITS2, due spaziatori genici comuni a tutti i lieviti e con un elevato tasso di mutazione, caratteristiche che rendono queste parti adatte alla ricerca di variazioni nucleotidiche in punti precisi del genoma.

Il prodotto di PCR viene poi digerito con una combinazione scelta di enzimi di restrizione, ovvero delle speciali forbici molecolari capaci di tagliare il DNA in punti specifici, generando così dei frammenti che per numero e dimensione sono distintivi di una determinata specie di lievito (profilo molecolare). Grazie all’elevato tasso di mutazione delle regioni coinvolte, infatti, si possono delineare due situazioni: da una parte, gli enzimi di restrizioni riconoscono il punto di taglio specifico, oppure potrebbero non trovare il sito di restrizione, in quanto la sequenza presenta nucleotidi in più o in meno che non ne permettono il riconoscimento e, quindi, il taglio. La successiva elettroforesi su gel d’agarosio dei DNA digeriti fornisce una fotografia molecolare, che consente di risalire attraverso dei software specifici, liberamente disponibili online e con un certo grado di attendibilità, alla specie di lievito isolata. 

L’analisi RLFP può sembrare una tecnica di biologia molecolare realizzabile solo nei laboratori di ricerca di un certo livello, ma in realtà si basa su metodiche, come la PCR, la digestione enzimatica e la corsa elettroforetica, semplici e facilmente riproducibili in un laboratorio scolastico, dotato dell’adeguata strumentazione. Una metodica che si presta anche ad introdurre concetti legati alla biodiversità in campo ambientale e animale, ma anche ai profili molecolari tra gli individui o alla trasmissione delle malattie. E ora, tutti al lavoro!
 

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