Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare dei mitocondri! Molti di noi conoscono questi organelli e sanno che svolgono un ruolo importantissimo all’interno delle cellule. Grandi pochi micron, di forma allungata o reniforme e dotati di una doppia membrana, sono gli unici organelli noti finora a possedere un proprio materiale genetico. Ma la funzione per la quale li conosciamo maggiormente è quella di essere delle vere e proprie centrali energetiche della cellula, dal momento che al loro interno avviene quell’insieme di reazioni chimiche che consente la produzione di ATP, la moneta con cui le cellule scambiano e immagazzinano energia chimica. Tuttavia, oltre alla produzione di energia, forse non tutti sanno che i mitocondri svolgono molteplici altre funzioni: sono coinvolti, ad esempio, nella sintesi degli acidi grassi, del colesterolo, del gruppo EME e degli amminoacidi prolina e ornitina. Ma come riescono a svolgere tutte queste attività e a coniugare al proprio interno due processi, ovvero la produzione di energia e quella di precursori molecolari, che utilizzano le stesse molecole e dunque sono, almeno in apparenza, in concorrenza tra loro?
Recentemente alcuni scienziati del Memorial Sloan Kettering Cancer Center hanno pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista Nature in cui dimostrano che, quando la cellula si trova in condizioni di alta richiesta energetica, i mitocondri si specializzano in una delle due funzioni: e così mentre alcuni si occupano della produzione di energia, altri sono impegnati nella sintesi degli intermedi metabolici, riuscendo così a portare avanti entrambi i processi. Ma come si è giunti a questa scoperta?
Gli scienziati hanno utilizzato come modello di studio le colture cellulari murine, trattate in modo tale che producessero energia unicamente dai mitocondri e non da altri processi molecolari, così da mimare una condizione di maggiore richiesta di ATP. I ricercatori hanno osservato che, nonostante la continua produzione di energia necessaria al sostentamento della crescita, le cellule erano ancora in grado di sintetizzare la prolina. Gli scienziati hanno poi focalizzato la propria attenzione su una proteina speciale: la pirrolina-5-carbossilato sintasi (detta anche P5CS), un enzima che si aggrega in filamenti e che guida i mitocondri a catalizzare una fase nella formazione degli amminoacidi prolina e ornitina.
Gli studi hanno dimostrato che, in condizioni di maggiore fabbisogno di ATP, questo enzima si trova solo in una sottopopolazione di mitocondri, caratterizzata dall’assenza delle creste mitocondriali e dell’enzima ATP sintasi, quindi “specializzata” nelle vie metaboliche e non nella produzione di ATP. Non solo, quando sono state introdotte delle mutazioni nell’enzima tali per cui la P5SC non era più in grado di formare filamenti e quindi di svolgere la propria funzione, i mitocondri non sono più riusciti a produrre amminoacidi. La presenza di P5CS in alcuni sottotipi di mitocondri garantisce, dunque, alla cellula di separare le due funzioni (produzione di ATP e formazione di amminoacidi) anche in condizioni in cui l’ATP deve essere prodotto ad alti livelli, senza compromettere le vie metaboliche.
Questa scoperta apre interessanti prospettive non solo nei meccanismi alla base del funzionamento dei mitocondri ma anche nello studio dei tumori, caratterizzati da cellule che richiedono alti livelli di energia e alto metabolismo per sostenere la propria rapida crescita.