SCIENZA

Il cervello non smette mai di stupirci!

Quante volte abbiamo letto sui libri di scienze che il tessuto nervoso è composto essenzialmente da due tipi di cellule, ovvero i neuroni e le cellule della glia? I neuroni ricevono e trasmettono gli impulsi nervosi, mentre le cellule della glia hanno una funzione di supporto alle cellule nervose. Recentemente però un team di neuroscienziati guidati da Andrea Volterra dell’Università di Losanna in collaborazione con diversi Enti in tutta Europa, tra cui l’Università Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha scoperto un nuovo tipo cellulare con caratteristiche a metà strada tra neuroni e glia.  

La ricerca, che è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, da cui è liberamente consultabile, ha rivoluzionato le conoscenze attuali nel campo delle neuroscienze: finora, infatti, si riteneva che la glia e in particolare gli astrociti, le cellule più numerose della glia, avessero solo un ruolo di supporto e di nutrimento per le cellule nervose.  

Ma come è stato possibile identificare il nuovo tipo cellulare? E quali implicazioni ha questa scoperta?  

Gli scienziati hanno studiato il trascrittoma di cellule in diverse aree del cervello, cioè hanno analizzato l’insieme dei geni espressi in ciascuna cellula, in un determinato momento, in diverse aree cerebrali, concentrandosi sugli astrociti, le cellule più numerose della glia. Ciò ha permesso di individuare nell’ippocampo, una delle regioni cerebrali analizzate, nove diversi gruppi di astrociti: uno di essi si distingueva dagli altri poiché era in grado di rilasciare in modo controllato un neurotrasmettitore, il glutammato. Questa capacità finora era stata associata solo alle cellule nervose.  

Non solo, gli scienziati hanno anche evidenziato che bloccando o riducendo l’attività di questo particolare gruppo di astrociti si hanno effetti nei meccanismi che regolano la plasticità neuronale, la memoria e si peggiora l’insorgenza di crisi epilettiche nei modelli animali. Uno studio che getta una nuova luce sulla complessità del sistema nervoso e sul funzionamento del cervello, ma che allo stesso tempo pone le basi per lo sviluppo di nuovi potenziali bersagli terapeutici. 

 

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