SCIENZA

Un biosensore per i metalli pesanti

La presenza di metalli pesanti negli ambienti acquatici rappresenta una seria minaccia sia per gli ecosistemi che per la salute umana. Questi elementi non solo sono tossici, ma possono anche accumularsi negli organismi e trasferirsi lungo la catena alimentare, a causa dell’incapacità a degradarli. Nello studio dei metalli pesanti, inoltre, la semplice rilevazione della concentrazione non è sufficiente: sappiamo infatti che solo una parte dei metalli presenti nell'acqua può essere assorbita dagli organismi viventi, mentre un’altra risulta non disponibile perché complessata con altre sostanze. È allora importante non solo rilevare in modo rapido, sensibile e riproducibile la quantità assoluta di un certo metallo pesante, ma anche e soprattutto la quota effettivamente biodisponibile.

Recentemente, un gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” del CNR, in collaborazione con la Stazione zoologica Anton Dohrn, è riuscito a mettere a punto un nuovo biosensore per rilevare la presenza di rame nelle acque, uno tra i metalli pesanti più diffusi negli ecosistemi acquatici, utilizzando sia le microalghe sia una tecnica di microscopia di ultima generazione, la cosiddetta Fourier Ptychography Microscopy (o FPM). La ricerca è stata pubblicata recentemente su Scientific Reports.

Ma come è stato sviluppato questo nuovo biosensore? E quali vantaggi offre rispetto ai test tradizionali?
Esso è un concentrato di tecnologia e si basa su 3 ingredienti principali: l’utilizzo di microalghe sensibili alla presenza del rame, l’impiego della FPM come metodo per rilevare in modo quantitativo il rame in ampie popolazioni di microalghe e l’analisi frattale per analizzare la complessità delle mappe prodotte.
Per lo sviluppo del biosensore, gli scienziati hanno utilizzato le diatomee Skeletonema pseudocostatum, un tipo di microalghe che svolge un ruolo cruciale negli ecosistemi acquatici, poiché responsabile della produzione di una grande quantità di ossigeno attraverso la fotosintesi e spesso utilizzato come indicatore di qualità ambientale nelle acque dolci e marine. Le microalghe, isolate dalla foce del fiume Sarno, sono state esposte a diverse concentrazioni di rame per studiare l'effetto dose-dipendente: i ricercatori hanno scoperto che un'esposizione di 72 ore massimizza la sensibilità del sistema nel rilevare la presenza di rame, rispetto a periodi di esposizione più brevi che non hanno mostrato effetti significativi. Nella FPM i campioni di acque contaminate da rame e addizionate con microalghe sono osservati al microscopio ottico e illuminati con luce LED da diverse angolazioni: ognuna di esse fornisce un’immagine leggermente diversa del campione, catturando varie informazioni spaziali e acquisendo diverse immagini, che danno dettagli sia intracellulari che dell’ambiente circostante. Le foto sono poi raccolte ed elaborate da un algoritmo capace di integrare tutte le informazioni, per restituire un’immagine finale che supera il limite di risoluzione del microscopio ottico e che offre dettagli delle strutture intracellulari senza ricorrere all’uso di coloranti e preservando l’integrità del campione. Per analizzare le immagini ottenute e quantificare l’effetto dell’esposizione al rame nelle microalghe, i ricercatori hanno utilizzato l’analisi frattale, un metodo matematico, ampiamente usato in diversi campi scientifici, tra cui nell’ecologia, per descrivere e quantificare oggetti complessi.

Il nuovo biosensore offre diversi vantaggi rispetto alle metodologie finora utilizzate, come la microscopia elettronica, che richiede una lunga e complessa preparazione dei materiali da analizzare (spesso anche trattati con agenti tossici per la salute umana). Il nuovo metodo proposto è, invece, pratico e può essere applicato prelevando campioni d'acqua dal punto di interesse: una volta filtrati per rimuovere le particelle più grandi, ai campioni vengono aggiunte le microalghe coltivate in laboratorio e poi si procede all’incubazione per il tempo necessario. La tecnologia FPM consente di ottenere informazioni molto dettagliate del campione in esame senza doverlo pretrattare con coloranti e allo stesso tempo è anche relativamente semplice “trasformare” un comune microscopio ottico da banco in un microscopio FPM. Un biosensore di questo tipo potrà essere impiegato in futuro anche per valutare rapidamente l’inquinamento da metalli pesanti in ambienti marini soggetti ad attività estrattive oppure in zone ad alta densità industriale.
 

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