SCIENZA

Quando i robot si ispirano alle piante

Si chiama Biomimetica ed è un campo della scienza in grande espansione: si occupa di sviluppare e produrre soluzioni tecnologiche nature-based, cioè ispirate alla natura, ai processi e ai meccanismi biologici, utilizzati dagli animali e dalle piante. Una scienza che, studiando e descrivendo i processi messi a punto in migliaia di anni di evoluzione, ne riproduce le caratteristiche essenziali in invenzioni o nuove tecnologie: pensiamo ad esempio al velcro, che riproduce gli uncini del fiore della bardana che si impigliano nel pelo degli animali per essere trasportati, oppure ai tessuti anti-macchia, ispirati alle proprietà idrorepellenti delle foglie di loto. Ma esistono tantissime altre soluzioni che la Biomimetica ha sperimentato e fatto entrare nella nostra vita quotidiana!

Recentemente un gruppo di scienziati dell’Istituto Italiano di Tecnologia e dell’Università di Montpellier ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Robotics uno studio, in cui si descrive per la prima volta l’ideazione e la costruzione di un robot capace di auto-assemblarsi, crescere e muoversi per esplorare l’area in cui si trova, proprio come fanno le piante rampicanti quando perlustrano lo spazio circostante alla ricerca di un appiglio. 

FiloBot, è questo il nome che gli scienziati hanno dato al robot, è costituito da tre elementi: una testa a forma conica altamente ingegnerizzata, un corpo dello stesso diametro della testa (circa 4 cm) e un’unità di base. In condizioni di inattività, la testa del robot si trova sopra l’unità di base e il corpo di fatto non esiste ancora. Quando il robot è in movimento, la testa, che ospita al suo interno un concentrato di tecnologia, come sensori di direzione e movimento, un accelerometro e una sorta di stampante 3D, inizia a produrre il corpo. Infatti, quando la testa inizia a ruotare, la stampante 3D deposita un sottile strato di acido polilattico (PLA), un materiale termoplastico biodegradabile, che raffreddandosi si indurisce e forma un anello. Giro dopo giro, il PLA solidificato forma gradualmente il corpo del robot, lo stelo, che è in grado di crescere di qualche millimetro al minuto, facendo avanzare la testa conica.

Il robot si ispira alle strategie messe in atto dalle piante rampicanti: come il germoglio apicale di una pianta rileva costantemente la propria posizione nello spazio ed è in grado di crescere verso la luce (fototropismo positivo) e verso superfici a cui può ancorarsi, così FiloBot grazie alla sua testa ricca di sensori è capace di rispondere a stimoli come la luce, il buio e la gravità. Proprio come fanno le piante, percepisce le diverse lunghezze d’onda della luce (dal blu al rosso all’infrarosso) e la gravità e, integrando tutte le informazioni che provengono dai sensori, sulla base di algoritmi, allunga il proprio corpo come se fosse uno stelo per raggiungere un determinato obiettivo, impostato dagli scienziati, come per esempio crescere verso la luce o contro la forza di gravità.  

Non solo, gli scienziati hanno integrato all’interno di questo robot un’altra importante caratteristica osservata nelle piante: quella di modulare l’ispessimento del proprio stelo a seconda delle situazioni. Infatti, durante le prime fasi di sviluppo oppure quando attraversano gli spazi vuoti, le piante rampicanti formano degli steli più spessi per vincere la forza di gravità e riuscire a sostenere il proprio peso. Quando, invece, sono vicine ad un supporto, producono uno stelo più sottile per essere più flessibili e ancorarsi meglio. Allo stesso modo, FiloBot è in grado di controllare lo spessore del proprio stelo, regolando la deposizione del PLA in modo da formare uno stelo spesso e resistente oppure uno più sottile e leggero, che consente anche di essere deposto più velocemente. 

Ma quali impieghi potrebbe avere questa tecnologia? E quali sono le prossime sfide per i ricercatori?

Un robot che riesce ad auto-assemblarsi e a rispondere agli stimoli per raggiungere una determinata posizione si presta ad essere utilizzato in diversi campi: dal monitoraggio ambientale al biorisanamento di luoghi impervi, dalla ricerca all’esplorazione di ambienti complessi e particolarmente intricati (come ad esempio le foreste), dove i robot che si muovono tramite ruote hanno scarse possibilità di impiego. FiloBot potrebbe essere utilizzato anche per effettuare misure e prelievi in aree particolarmente pericolose per la salute umana o in terreni impervi e instabili. Sebbene questa tecnologia sia all’avanguardia, rimangono ancora alcuni aspetti da implementare: primo tra tutti quello di rendere la risposta agli stimoli luminosi e alla gravità un comportamento completamente autonomo. Ed è proprio su questo che adesso si stanno concentrando gli scienziati!  
 

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